“Non si fomenti una guerra tra lavoratori”
Asti, 22 febbraio 2011
Dichiarazione di Salvatore Grizzanti, tesoriere dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta e membro del Comitato nazionale di Radicali Italiani.
Da troppo tempo la categoria dei commercianti viene etichettata quale evaditrice fiscale anche dai mezzi di comunicazione. Credo sia giunta l’ora di dire basta, tutti i lavoratori meritano pari dignità e forse bisognerebbe guardare con un po’ più di oggettività verso chi apre un’attività, rischiando di tasca propria, crea posti di lavoro e non ha accesso ad alcun tipo di ammortizzatore sociale.
Sarebbe anche ora di finirla di fare l’equazione mancata erogazione dello scontrino uguale evasione. Vorrei ricordare che dal 1993 sono stati attivati in Italia i così detti studi di settore, strumento con il quale l’Agenzia delle Entrate ex ante decide come e quanto si debba guadagnare ed in base a quello stabilisce l’imponibile. Non c’è crisi che tenga.
Allora delle due l’una: o si abolisce lo scontrino fiscale o lo studio di settore, io, a differenza di Ascom e Confesercenti opto per la seconda ipotesi proprio perché il giro d’affari calcolato è assolutamente fittizio oltre che un freno per l’economia, infatti un artigiano o un commerciante tenderà ad assumere meno dipendenti possibile visto che oltre alle tasse sul lavoro del dipendente stesso gli studi di settore stabiliranno un imponibile più alto, infatti il numero di dipendenti è proprio uno dei fattori che stabiliscono la cifra finale. Paradossale per un paese che vuole creare posti di lavoro no?Infine faccio notare che, in Italia, secondo stime recenti abbiamo la terza pressione fiscale tra i paesi Ocse ed il terzo debito pubblico del Mondo, il passo tra pressione ed oppressione può essere veramente breve e l’evasione fisiologica. Evitiamo di fomentare una guerra tra lavoratori e si vada un po’ più a fondo nell’analisi dei fenomeni, è necessario invece spazzare via invece chi ha creato debito e tasse, che non sono i commercianti, ma sessant’anni di baby-pensioni, di economia statalizzata, di burocrazia e di finanziamenti pubblici. In una parola sessant’anni di partitocrazia.