Asti, 10 giugno 2011
Il sindaco Giorgio Galvagno ha risposto all’istanza presentata un mese fa dai radicali astigiani Salvatore Grizzanti ed Emanuele Miroglio. Nella lettera inviata a Grizzanti il sindaco scrive:
[… ]si ritiene che la delicatezza e la complessità della materia richiedano una chiara disciplina legislativa, in assenza della quale e tenuto altresì conto della nota dei Ministeri dell’Interno, del Lavoro e delle Politiche Sociali e della Salute del 19/11/2010 relativa all’argomento, non si reputa opportuno, per il momento, accogliere la richiesta in oggetto.
Dichiarazione di Salvatore Grizzanti ed Emanuele Miroglio:
Ci spiace, il sindaco ha perso una buona occasione per stare dalla parte dei suoi concittadini piuttosto che dalla parte di Roma, la Roma dei ministeri e la Roma del Vaticano. La circolare dei ministeri cui fa riferimento il sindaco, che afferma che i registri dei testamenti biologici non avrebbero efficacia effettiva, è una vera e propria intimidazione ai Comuni ma è priva di forza e di valore, salvo quello mediatico, in quanto tutti i comuni italiani devono registrare i testamenti ricevuti in base alla legge in vigore ( DPR 445/2000 – Art 53 Registrazione di protocollo – comma 5: “Sono oggetto di registrazione obbligatoria i documenti ricevuti e spediti dall’amministrazione e tutti i documenti informatici. Ne sono esclusi le gazzette ufficiali, i bollettini ufficiali ……..”), quindi i registri dei testamenti biologici sono pienamente legittimi.
Il sindaco ha fatto come Ponzio Pilato e se ne è lavato le mani, chi ci rimette non sono due radicali ma l’autonomia del Comune di Asti, alla faccia della sua storia e della Lega e considerando che ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000, il Comune “rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo”.
Chi ci rimette sono gli astigiani che non si vede perché debbano avere meno diritti rispetto ai torinesi o agli albesi ed i quali, è percepibile parlando loro dell’argomento, stanno a grande maggioranza dalla parte non della morte o della vita ma della libertà.