Marco Perduca (senatore radicale) e Giulio Manfredi (Direzione Radicali Italiani):
Nel fine settimana i media hanno giustamente puntato i riflettori sulla manifestazione unitaria delle opposizioni al regime di Putin, la più grande dalla fine dell’Unione Sovietica. Noi vorremmo segnalare due altri piccoli ma assai significativi fatti, che denotano come gli abitanti del Cremlino, nonostante i rumori che arrivano dalla piazza, rimangano con lo sguardo fisso ad oriente, ai modelli cinese se non nord-coreano. La Russia ha espresso le sue condoglianze per la morte del dittatore nord coreano Kim Jong-il ma non ha espresso neppure una parola di cordoglio per la morte di Vaclav Havel; venerdì scorso, a Praga, ai funerali del grande intellettuale e democratico cecoslovacco, l’unico russo presente è stato l´ombudsman per i diritti umani, venuto di sua iniziativa.
Perciò, quando Putin dichiara che la Russia ha bisogno di una “psicoterapia nazionale” che lo Stato deve praticare via Internet e in televisione, per infondere ai russi “certezza nel domani”, noi rabbrividiamo. Non vorremmo che l’ultimo zar praticasse a Mosca la stessa politica che sta praticando, nel totale silenzio dei media, nel Caucaso. In Daghestan, nei primi 11 mesi del 2011, si sono registrate 372 persone morte in seguito a scontri o attentati; come dai radicali (ma non solo) più volte denunciato, la violenza esercitata dai russi nella vicina Cecenia è tracimata in tutta la regione. Anche di questo, un giorno, Putin dovrà essere chiamato a rispondere, non solamente al popolo russo ma davanti agli organi della giustizia internazionale.