Mentre i giornali riportano con risalto che all’ospedale di IESI tutti i ginecologi sono obiettori, una situazione comune a decine di altri ospedali, il Presidente di Radicali Italiani e consigliere comunale, Silvio Viale, approfitta della presenza del ministro Balduzzi alla Festa del PD di Torino per consegnare una scatola di RU486 e una lettera aperta.
La lettera, che è datata 16 luglio, quando il ministro non potè partecipare ad una iniziativa del PD, è tuttora attuale, sia per la necessità di affrontare scientificamente la questione del ricovero per la RU486 e sia perchè siamo ancora in attesa della relazione annuale sulla 194 e dei risultati del monitoraggio sulla RU486 conclusosi nel 2011.
A quasi due anni e mezzo dalla sua effettiva introduzione Silvio Viale ha reso noto che sono quasi 3000 le donne che hanno utilizzato la RU486 all’Ospedale S.Anna di Torino, il 25% del totale degli aborti, con meno del 3% delle donne che sono rimaste ricoverate in ospedale tra la somministrazione del primo e del secondo farmaco. Il 97% ha preferito non rimanere in ospedale.
Silvio Viale ha dichiarato:
Da un ministro tecnico mi aspetto un atteggiamento scientifico e oggettivo, non condizionato da pregiudizi ideologici. La RU486 rende più sicuri ed efficaci tutti i tipi di interventi abortivi. Il ricovero obbligatorio non giustificazioni mediche o giuridiche. La RU486 aiuta a superare i disagi legati all’obiezione, perchè può essere somministrata nei consultori, come prevede la 194, e non è limitata dall’obiezione degli anestesisti. Inoltre bisogna prevedere che gli aborti siano concentrati nei principali ospedali di ogni regione, garantendo in questi una percentuale di non obiettori di almeno 50%, mediante la mobilità prevista dalla 194. Anche per gli aborti la “quantità è qualità” e dove si praticano più interventi si riducono i rischi e si possono offrire standard migliori. Per tutto questo ho consegnato al ministro Renato Balduzzi una scatola di Ru486 (l’ultima utilizzata) come souvenir e promemoria da Torino.
Ecco il testo della lettera
Lettera Aperta al Ministro della Sanità RENATO BALDUZZI
“Tecnicizzare la RU486. Applicare la 194”
Egr. Sig. On.le ministro,
Nel darle il benvenuto a Torino voglio rammentarle la vicenda del mifepristone – farmaco più noto con la sigla RU486 – perché credo che, a oltre due anni dalla sua introduzione, sia giunta l’ora di abbandonare le polemiche ideologiche e di affrontare tecnicamente, cioè scientificamente, la questione del ricovero.
Da quando il farmaco è disponibile, aprile 2010, è stato utilizzato in migliaia di donne senza significative complicazioni, come risulta dal monitoraggio che il ministero ha condotto e che spero sia reso pubblico al più presto, magari insieme alla relazione annuale sulla 194 che avrebbe dovuto essere pronta per marzo.
Proprio il Piemonte è un esempio virtuoso, al di là delle legittime polemiche, per l’uso della RU486.
Al solo all’Ospedale Sant’Anna di Torino sono 2800 le donne che ne hanno potuto beneficiare:
nell’aborto medico fino a 49 giorni;
nell’induzione del travaglio abortivo del secondo trimestre;
nell’aborto chirurgico del secondo trimestre;
nell’induzione del travaglio per morte fetale nel terzo trimestre;
nell’aborto ritenuto del primo trimestre;
nell’aborto chirurgico del primo trimestre in casi particolari
L’esperienza piemontese suggerisce di rivedere la circolare che prevede il ricovero, non solo perché il ricovero non c’è in nessun altro paese europeo, ma soprattutto perché difatto non è attuato nel 97% dei casi, con le dimissioni volontarie, dimostrando l’inutilità di tale disposizione, per di più anacronistica in tempi in cui si vogliono ridurre ricoveri e posti letto.
Per rispettare la legge 194 il day hospital è pienamente idoneo e mi aspetto che un buon ministro “tecnico” della sanità prenda atto che la RU486 rende più sicuri ed efficaci tutti gli interventi abortivi, medici e chirurgici che siano, e guardi all’Europa, senza imporre vincoli politici all’AIFA.
In Italia vi è stato un equivoco di fondo, prodotto dalle polemiche e dalla scarsa conoscenza clinica, che induce a ritenere che il farmaco clinicamente abortivo sia la RU486, mentre essa prepara solo il terreno per il vero intervento abortivo, che può essere farmacologico, con un altro farmaco, o chirurgico, con un intervento chirurgico. Imponendo il ricovero dopo l’assunzione della RU486 si chiede alla donna di rimanere in ospedale inutilmente per due giorni in attesa del vero intervento abortivo. Questo non ha giustificazioni mediche, non è logico e non è giusto.
Mi scuserà, infine, se approfitto di questa occasione per rappresentarle anche le problematiche dell’obiezione di coscienza. perché il combinato disposto con la possibilità di praticare gli aborti solo nel pubblico – unico caso in Europa e unico esempio di procedura sanitaria solo pubblica in Italia – limita la più idonea applicazione degli interventi abortivi previsti dalla 194.
Infatti, anche per i casi di aborto la “quantità è qualità” ed è in particolare garanzia di sicurezza, di continuità e di migliore assistenza, per cui prevedere che degli aborti se ne occupino gli ospedali più grandi, con una soglia di almeno 1000 all’anno, garantendo mediante la mobilità almeno il 50% di medici non obiettori, è coerente e in linea con gli obiettivi della “spending review”.
In questo modo si garantirebbe un’assistenza sette giorni su sette, una casistica più numerosa, un miglior training professionale, l’aggiornamento scientifico e una vera applicazione della legge 194.
Non dimentichiamo che la legge 194 non prevede le liste di attesa per le IVG, ma prescrive che gli interventi abortivi allo scadere dei sette giorni siano da considerare “urgenti”.
La legge 194 prevede anche di potere effettuare gli interventi abortivi nei consultori, cosa che con la RU486 è addirittura più possibile, soprattutto se relazionarsi con ospedali che hanno un numero adeguato di non obiettori e di letti dedicati.
Ringraziandola per cortese attenzione, in attesa di un gradito riscontro, le porgo i miei più rispettosi saluti.
Torino, 16 luglio 2012.
Dott. Silvio Viale