Nulla di nuovo nella annuale relazione sulle IVG, riferita al 2010 con anticipazioni del 2011, tranne che nel 2011 la RU486 é stata utilizzata da tutte le regioni, con l’unica eccezione delle Marche. Nulla di nuovo per quanto riguarda l’obiezione di coscienza (stabile), gli aborti clandestini (oltre il 10% la stima nazionale, ma quasi tutto concentrato al sud), le minori (stabile), gli aborti del secondo trimestre (lieve incremento) e il proseguimento di una tendenza alla riduzione delle IVG. Mancano, come sempre, i dati degli aborti delle italiane all’estero. La vera novità é l’uso, sebbene in moti casi simbolico, della RU486 in tutte le regioni. E’ un buon segno, anche se continua ad essere anacronisticamente boicottata, non solo per l’aborto medico fino a 7 settimane, ma anche per l’aborto chirurgico, quello del secondo trimestre e gli aborti spontanei.
Questo il commento di Silvio Viale, responsabile del servizio di IVG dell’ospedale Sant’Anna di Torino, in questi giorni a Roma per il XX Congresso Mondiale della FIGO (Federazione Internazionale di Ginecologia e Oestetricia), alla relazione del ministro Balduzzi.
Silvio Viale, che é anche presidente di Radicali Italiani, ha poi proseguito:
In questi giorni in molte sessioni del congresso si parla dell’uso del misoprostolo (Cytotec) in ostetricia e negli aborti. Si parla poco del mifepristone (RU486) perché é un farmaco di indiscussa utilità. Allo stand dell’OMS viene distribuito la seconda versione del 2011 di “Safe abortion: technical and policy guidance for health system”, la linea guida sulla RU486 citata dal minstro nella sua relazione, con scritto sopra “Printed in Italy”. Nonostante tutto ciò in Italia si continua a mantenere in vita una circolare che invita a tenere ricoverate le donne per tre giorni, dando così pretesto a boicottaggi e pigrizie varie. Una circolare ampiamente non rispettata un po’ dappertutto. All’ospedale Sant’Anna di Torino solo il 2,5% (55 su 2181) delle donne che hanno utilizzato la RU486 ha deciso di rimanere in ospedale, mentre il 97,5% non é rimasto in ospedale ad aspettare per due giorni la somministrazione del secondo farmaco (prostaglandina), quello veramente abortivo. Mi permetto quindi di chiedere al ministro di togliere l’inutile indicazione del ricovero di tre giorni, lasciando ai medici la piena responsabilità dei protocollo da seguire con il consenso della donna. I medici non sono dei carcerieri, con tutto il rispetto per gli operatori della polizia penitenziaria.