Dichiarazione a titolo personale degli esponenti radicali piemontesi Silvio Viale, Igor Boni, Giulio Manfredi e Salvatore Grizzanti:
Dopo aver assistito al confronto televisivo “all’americana” (finalmente) fra Pierluigi Bersani e Matteo Renzi, confermiamo il nostro voto a Renzi al ballottaggio di domenica.
Di fronte a un Bersani che cita addirittura Platone per difendere un sistema di finanziamento pubblico ai partiti ormai indifendibile, Renzi ha dichiarato il suo NO forte e chiaro al finanziamento pubblico, richiamando quel referendum radicale del 1993 in cui il 90% dei votanti si espresse per l’abolizione del finanziamento. La partitocrazia (sinistra, centro e destra tutti uniti) ha tradito la volontà dei cittadini, cambiando semplicemente nome al “finanziamento pubblico”, chiamandolo “rimborso elettorale”: dal 1994 i partiti hanno incassato 2,7 miliardi di euro, pur avendo dichiarato spese elettorali per soli 700 milioni.
Chiaro è stato anche il rifiuto di Renzi nei confronti dell’ipoteca democristiana (e clericale, aggiungiamo noi) di Casini e la sottolineatura del rischio che comporta l’allenza con Vendola.
Ma, al di là e al di sopra dei singoli temi, è del tutto evidente che il ciclone Renzi ha scompaginato tutto il sistema, non solo a sinistra. Bersani ha dovuto pubblicamente impegnarsi a rinnovare un gruppo dirigente che risale ai tempi di Berlinguer; il PDL è ormai allo sbando e non ha nemmeno più la forza di convocare le primarie.
Il voto a Renzi domenica è l’unico voto utile al cambiamento.
Infine, dobbiamo purtroppo rilevare che, parlando di alleanze, nè Bersani nè Renzi hanno fatto il minimo accenno ai radicali; una forza che si candida alla guida del Paese affermando di volerlo cambiare non puo’ fare l’economia di un confronto con l’unico partito che non ha cambiato il proprio nome, dal 1955, e non ha mai deflettuto dalla lotta contro la partitocrazia. Chiunque vinca domenica, dovrà promuovere questo confronto.