Oggi è l’anniversario del referendum sul divorzio del 1974 e voglio dire a coloro che oggi partecipano alla cosiddetta “marcia per la vita” che indietro non si torna, che la libertà di scelta è il vero valore della vita e che un paese civile si giudica anche dalle leggi che ha su divorzio, aborto e fine vita. Il 12-13 maggio 1974, con il referendum sul divorzio, gli italiani aprirono una stagione di libertà che resta incompiuta. Evocare il 12 maggio e la Festa della Mamma contro la liberta di scelta è per loro un autogol.
Questa la dichiarazione di Silvio Viale, presidente di Radicali Italiani, sempre in prima fila sui diritti civili, protagonista della battaglia per la RU486, che ha così proseguito:
Il 12 maggio ha molti significati, ma resta inesorabilmente legato a quel referendum sul divorzio del 1974. Oggi più nessuno tornerebbe indietro, a prima di allora. Così pure per l’aborto, che ha permesso a milioni di donne e di uomini di fare le proprie scelte, senza essere costretti alla clandestinità. Nessuno ha mai imposto, né imporrà, un divorzio o un aborto ai “marciatori della vita”, mentre dove decidono ancora loro, in gran parte dell’Africa, dell’America Latina e dei Paesi Arabi, al contrario impongono a tutti le sofferenze della loro morale. Ora, proprio mentre noi ci battiamo anche per loro per l’eutanasia legale, i marciatori per la vita dovrebbero opportunamente riflettere su quanto siano fortunati a vivere in un paese che gli potrà permettere di usufruire di aborto e divorzio, seppur nei limiti di leggi imperfette da migliorare. Sappiano, quindi, che, seppure si vada avanti con difficoltà, indietro non si torna.
Torino, 12 maggio 2013.