“Non so quanto sia vera la storia raccontata da Vanity Fair, ma so che è verosimile e so che potrebbe essere davvero il racconto dell’ultimo viaggio di Pietro D’Amico. Pietro D’Amico era un socio di Exit e non posso che rallegrarmi per il fatto che abbia potuto morire con dignità, indipendentemente dalla complessità della vicenda e delle possibili implicazioni giudiziarie. Il fatto che abbia chiesto ad un giornalista di accompagnarlo dimostra quanto forte fosse la sua determinazione. A lui va il nostro grazie.”
Questo l’inizio della dichiarazione di Silvio Viale, medico, responsabile del Comitato Scientifico di EXIT- Italia e presidente di Radicali Italiani, diffusa con una nota dopo che Vanity fair ha pubblicato un resoconto del viaggio di Pietro D’Amico verso l’ultimo giorno a Basilea.
Silvio Viale ha così proseguito:
“Lascio alle autorità svizzere e alla magistratura italiana il compito di approfondire ed archiviare le inchieste aperte, anche quella che in Italia dovrebbe vedere coinvolto il giornalista compagno di viaggio. Qualora fosse vero che l’ex magistrato abbia ingannato i medici svizzeri, producendo falsa documentazione medica, allo stesso modo di come si è prodigato per aggirare la propria famiglia, tutta questa operosità dimostrerebbe quanto fosse determinato e quanto soffrisse davvero. Anche Franco Lucentini e Mario Monicelli, nel loro ultimo viaggio, hanno eluso e ingannato coloro che gli erano vicini. Non penso che gettarsi giù da un ponte sarebbe stata una soluzione migliore per Pietro D’Amico, mentre sono certo che poterne parlare con un medico, come ha fatto Pietro D’Amico, avrebbe potuto certamente giovare a Franco Lucentini e a Mario Monicelli. Lucio Magri, Vittorio Bisso, Daniela Cesarini, Piera Franchini, Roberto Gandolfo, la lista di coloro che, andando a morire in exilio, hanno voluto lasciare una testimonianza è sempre più lunga. Se, poi, si aggiunge che sia Franca Rame che Anna Proclemer, come hanno rivelato Jacopo Fo e Giorgio Albertazzi, hanno chiesto di essere aiutati a morire senza soffrire, si dovrebbe comprendere come anche l’Italia c’è bisogno di una legge per depenalizzare l’eutanasia. Di fronte a tutto ciò le polemiche sull’autopsia sono poca cosa, forse solo un modo per esorcizzare le risposte a domande che non ci si era mai poste prima. Non deve stupire che una legge che concede diritti possa essere aggirata, ma questo non ne nega la validità e la necessità. Non è che si abolisce la libertà di stampa perché qualcuno la utilizza in modo truffaldino. Ai medici e ai volontari svizzeri va la nostra solidarietà. A Pietro D’Amico il nostro grazie per avere voluto rendere nota la sua storia. Ai suoi familiari l’invito a capire e a rispettare il loro congiunto, anche nella scelta di lasciarli all’oscuro di tutto e di farsi, probabilmente, accompagnare da un giornalista.”