Su Facebook, il Senatore Stefano Esposito scrive: “Una mamma e il suo figlioletto di 3 anni massacrati perché lei ha detto no alle avance di un uomo malato. Mi dispiace, ma io per gente così vorrei la pena di morte. Lo so non è un pensiero di sinistra, ma come fai ad ammazzare un bambino di 3 anni, cazzo”.
Dichiarazione degli esponenti radicali Igor Boni e Silvio Viale:
Il Senatore Stefano Esposito su facebook apre un dibattito interessante sulla pena di morte. Interessante perché fa venire a galla qualcosa che evidentemente anche a sinistra è rimasto sommerso e perché nelle reazioni che si possono leggere e nei “mi piace” c’è un mondo trasversale che fa comprendere quanta strada ancora ci sia da compiere anche in Italia su questo tema. Il crimine in questione è assolutamente terribile, inqualificabile e tremendo; da padri o madri, mettendosi nei panni delle vittime o dei parenti delle vittime, è comprensibile (umano?) avere una reazione istintiva di vendetta ma non è accettabile in alcun modo immaginare che uno Stato possa divenire assassino. In nessun caso. Senza addentrarsi nella incostituzionalità della pena di morte o nella evidente inutilità della stessa (basta vedere le statistiche sulla criminalità dove è applicata) vogliamo rimarcare che se la Giustizia di uno Stato diventa vendetta, significa portare sullo stesso piano dei criminali lo Stato stesso. Significa accettare l’occhio per occhio e aprire una crepa pericolosissima nel sistema giudiziario. Noi continuiamo a ritenere che il principio del “nessuno tocchi caino” debba prevalere nell’ambito di un sistema che veda la certezza della pena, l’efficacia e rapidità dei processi e il rispetto dei diritti dei detenuti come pilastri di un sistema giudiziario di una democrazia. Il punto non è quello di stilare una graduatoria dei crimini per stabilire una soglia per la pena di morte – ci sarà sempre un crimine più odioso – ma se si è a favore o contro la pena di morte. Legittimo che Esposito voglia tornare indietro, ma è ancor più legittimo che la civiltà vada avanti.
Torino, 6 marzo 2014