Dichiarazione di Silvio Viale, responsabile del Servizio per IVG dell’Ospedale Sant’Anna di Torino, sugli sviluppi e le polemiche collegate alla morte di una donna all’Ospedale Martini di Torino:
Prima di tutto la si smetta di titolare “Donna morta dopo la RU486” perché la Ru486 non ha alcuna responsabilità nella morte di Anna Marchisio. Si tratta, purtroppo, di una morte per aborto che allunga la lista delle morti in gravidanza del 2014. Si tratta della terza morte per aborto dall’inizio dell’anno, due dopo un aborto chirurgico e una dopo un aborto medico. Purtroppo in gravidanza non esiste rischio “zero” e i farmaci utilizzati per l’aborto al Martini di Torino, ma anche al Sant’Anna di Torino e all’Ospedale Umberto I di Nocera, sono gli stessi che usano tutti i ginecologi italiani. Qualunque sia stato il contributo di un fattore farmacologico nell’arresto cardiaco, questo avrebbe potuto avvenire a chiunque di noi. Ai colleghi del Martini va la mia più incondizionata solidarietà per un evento che, soprattutto nel caso fosse confermata una relazione con il Methergin, il Cervidil o il Toradol, avrebbe potuto accadere a qualunque ginecologo, obiettore o meno, in un qualsiasi caso di parto o di aborto, volontario o spontaneo.
Non esistono protocolli rigidi, né potrebbero esistere, per l’aborto medico, e per l’aborto chirurgico. Per l’aborto chirurgico sono l’anestesista e il ginecologo che decidono quali farmaci utilizzare prima, durante l’anestesia e successivamente. Per l’aborto medico il protocollo dell’AIFA si limita a indicare l’utilizzo di una prostaglandina 36-48 ore dopo la RU486, lasciando al medico la valutazione per gli altri farmaci.
Alcuni giornali hanno sintetizzato che all’Ospedale Sant’Anna da tempo non useremmo più la metilergometrina (Methergin), cosa non vera. Io, per esempio, la utilizzo durante gli interventi chirurgici, mentre tendo a usarla molto poco in quelli farmacologici. Il Methergin è attualmente in fase di esaurimento commerciale, ma fino a pochi anni fa veniva somministrato in tutti i parti. Tuttora è ancora molto utilizzato negli aborti con uso profilattico “off-label”.
Io non so se il Methergin sia stato utilizzato nel caso specifico, ma anche fosse così, sebbene possa ritenersi il maggiore sospettato, uno spasmo dell’arteria coronarica e un infarto sono considerati eventi “molto rari”, con una frequenza inferiore a 1 su 10.000 casi, e in medicina gli eventi “molto rari” non comportano alcuna misura preventiva. Il verificarsi di un evento molto raro è da considerarsi una fatalità.
Per quanto riguarda la prostaglandina, il protocollo dell’AIFA prevede la possibilità di utilizzare il gemeprost (Cervidil) o il misoprostolo (Cytotec). Il gemeprost è una prostaglandina più potente ma con maggiori rischi per spasmi coronarici, infarto e shock, sebbene considerati, anche in questo caso, eventi “molto rari” con frequenza inferiore a un caso su 10.000. Il misoprostolo (usato off-label) ha meno effetti collaterali, è inserito nella lista dei farmaci essenziali dell’OMS, ed è stato persino oggetto di una circolare ministeriale a favore del suo uso nell’aborto incompleto. Purtroppo in Piemonte è poco usato perché non fa parte del prontuario regionale per questa indicazione e al Sant’Anna, per esempio, non è nemmeno disponibile. Sempre più spesso viene, però, prescritto nel post aborto per completare lo svuotamento abortivo dopo un aborto spontaneo o volontario, chirurgico o medico. Il misoprostolo dovrebbe sostituire il gemeprost nell’aborto e la metiergometrina nel completamento dello svuotamento abortivo come suggerisce la letteratura internazionale.
Infine non è vero che la RU486 “distacca” l’embrione, ma semplicemente prepara l’utero e il collo all’azione della prostaglandina, riducendone la dose, o all’intervento chirurgico. Infatti l’AIFA autorizza la RU486 sia per gli aborti medici sia per gli aborti chirurgici.