Giulio Manfredi e Igor Boni (segretario e presidente Associazione radicale Adelaide Aglietta):
Nel 1986 raccogliemmo le firme con Enzo Tortora sul referendum per la responsabilità civile dei magistrati e lo vincemmo nell’anno successivo con maggioranze plebiscitarie. Nel 2013 abbiamo raccolto di nuovo le firme con i militanti e dirigenti di Forza Italia sullo stesso referendum, dopo che Silvio Berlusconi aveva pubblicamente firmato tutti i 12 referendum radicali. Abbiamo lottato e lottiamo per una riforma della giustizia che lo stesso Berlusconi ha più volte affossato, sabotando i nostri referendum del 2000 (“referendum comunisti” li definì, invitando i suoi elettori ad andare al mare) e non facendo fare al nostro Paese alcun passo avanti in 10 anni di governo.
Per altro verso abbiamo recentemente richiesto (invano) al consiglio comunale di Torino di consentire un referendum consultivo per la legalizzazione della prostituzione perché riteniamo che solo legalizzando si può meglio controllare il fenomeno. La stessa richiesta è stata più volte portata dai Radicali all’attenzione del Parlamento.
Ciò detto e fatto, non possiamo essere accusati né di moralismo né di amicizia o connivenza con i settori più conservatori e giustizialisti della magistratura, che certamente ci sono e che hanno utilizzato a volte il loro potere per colpire Berlusconi.
Ma la morale è cosa ben diversa dal moralismo; e i comportamenti privati di un capo di governo hanno ricadute pubbliche, inevitabilmente e giustamente.
L’assoluzione in Cassazione non rende quindi meno vergognoso e inammissibile (per citarne solo una) che l’allora Presidente del consiglio Silvio Berlusconi abbia telefonato alla Questura di Milano per richiedere l’affidamento di Ruby, sedicente “nipote di Mubarak”, a Nicole Minetti, consigliera regionale lombarda eletta – per inciso -grazie alle firme false di Formigoni. In qualsiasi altra democrazia occidentale, un Premier che avesse fatto una simile telefonata sarebbe stato costretto a dimettersi e a ritirarsi a vita privata.
Che nel “caso Berlusconi” vi sia anche un “caso giustizia italiana” è palese, ma questo non consente comunque di accostare la vicenda di Silvio Berlusconi a quella di Enzo Tortora.
Torino, 13 marzo 2015