Amal Fathy, attivista per i diritti umani, nonchè moglie del consulente legale della famiglia Regeni in Egitto, è stata finalmente scarcerata a seguito di una sentenza emessa dalla Corte d’Assise del Cairo. Amal era stata condannata a scontare due anni di carcere per aver pubblicato su internet un
video di denuncia delle troppe molestie sessuali subite quotidianamente dalle donne egiziane, nel silenzio del Governo. Le proteste della Comunità Internazionale hanno fatto rimbombare la parola “Giustizia” anche entro i confini della dittatura militare egiziana. Proteste a cui si è unita anche l’associazione radicale Adelaide Aglietta di Torino, tornando a utilizzare lo sciopero della fame come strumento di lotta nonviolenta contro l’ennesima, inaccettabile violazione dei diritti fondamentali degli esseri umani da parte del Governo egiziano.
Francesco Nocco e Patrizia De Grazia (militanti radicali): “Accogliamo con immensa gioia la notizia
della scarcerazione di Amal, che in queste ore tornerà finalmente ad abbracciare suo marito e il suo bambino per la prima volta dopo quasi 200 giorni di detenzione ingiusta. Ma ancora non è abbastanza. Amal è sottoposta a regime di libertà vigilata e ha l’obbligo di comparire in commissariato almeno una volta alla settimana, in attesa del processo per la seconda, ridicola accusa: quella di appartenere ad un’associazione terroristica. Ciò che adesso ci auspichiamo è che la comunità internazionale che ha reso possibile la sua scarcerazione non la abbandoni ora. La Libertà di pensiero e di espressione, nonchè il diritto di ogni persona, uomo o donna, di essere
adeguatamente tutelata dal proprio Stato, sono valori irrinunciabili per i quali dobbiamo continuare a combattere ogni giorno, per noi stessi e per tutti”.
Patrizia e Francesco avevano interrotto lo sciopero della fame a oltranza soltanto dopo una telefonata del collettivo Giulio (Regeni) Siamo Noi. E adesso, insieme all’associazione radicale Aglietta, sono pronti a scendere in campo al fianco di Amnesty e delle altre associazioni internazionali, per provare a difendere ancora una volta i diritti di Amal, così come quelli di tutti e tutte le Amal che non conosciamo.