Oggi Russia e Stati Uniti, insieme a gran parte della nostra opinione pubblica, stanno calpestando la volontà e il principio di autodeterminazione dell’Ucraina. Da ormai tre anni il fronte ucraino è il luogo in cui si combatte la guerra di resistenza a difesa dei valori fondativi e caratterizzanti delle democrazie europee. La manifestazione materiale delle pulsioni imperialiste di Putin non si limita al lungo catalogo di offensive militari, iniziate in Cecenia nel 1999, come non si limita ai sabotaggi alle infrastrutture informatiche ed energetiche di tutta Europa. La guerra che Putin conduce ormai da più di venticinque anni è la guerra all’ordine liberale mondiale e ciò che rileva in questa guerra sono tutte le azioni che mirano all’indebolimento dei sistemi democratici e di Stato di diritto.
Lo abbiamo visto quest’anno con le elezioni in Moldavia, dove le autorità nazionali hanno denunciato la corruzione di più di centotrentamila elettori, lo abbiamo visto in Georgia, dove i brogli russi hanno portato all’instaurazione di un governo fantoccio, lo vediamo nella propaganda filoputiniana che ogni giorno riempie le pagine dei quotidiani e le trasmissioni televisive.
È proprio attraverso questo costante attacco, questa costante manovra di indebolimento del sistema democratico, che oggi Putin attenta alla nostra libertà.
Alla resistenza ucraina che combatte lungo il fronte, alla resistenza georgiana che ogni giorno affolla le piazze di Tbilisi manifestando per la democrazia, deve affiancarsi unitariamente un fronte europeo di resistenza che dia supporto a chi ogni giorno difende i valori su cui la nostra società si erge.
Dunque più che mai è necessario pensare un processo di accelerazione dell’integrazione europea, in particolar modo sul piano della difesa.
Di fronte al cupo scenario che si prefigura oggi, in cui si gli Stati Uniti sostengono con fake news la propaganda della Federazione russa, in cui queste potenze congiuntamente decidono di relegare l’Unione europea al ruolo di spettatrice nei tavoli negoziali, di escludere Kyïv dalle trattative e di convertire il negoziato per una pace giusta per la vittima ad una mera trattativa commerciale di spartizione delle risorse ucraine, riemerge il progetto della difesa comune europea, unica soluzione confacente al clima di estremo disordine globale. Sarà necessario ripensare la spesa militare, sia per sostenere la resistenza ucraina, sia nell’ottica di deterrenza per evitare, insieme all’utilizzo della diplomazia e delle organizzazioni internazionali, ulteriori soprusi e aggressioni.
L’Ucraina non è Russia. Una pace giusta è possibile e deve prevedere il rispetto del diritto internazionale con l’integrale restituzione delle aree occupate dal 2014.