Un lapsus del TG3, in realtà una informazione sbagliata, è lo spunto colto da Silvio Viale per sottolineare quanto siano radicati i luoghi comuni sulla 194. Si tratta di un servizio sul convegno dei ginecologi non obiettori, organizzato da LAIGA, che ha visto 300 operatori discutere per due giorni nell’aula magna dell’Ospedale Forlanini a Roma.
Silvio Viale, che otre ad essere un esponente radicale, è il responsabile del servizio di IVG del più grande ospedale ostetrico-ginecologico italiano, l’Ospedale Sant’Anna di Torino, ed ha partecipato al convegno con una relazione sui costi delle IVG, ha così commentato l’errore del TG3:
Il servizio, un buon servizio, affrontando il tema dell’obiezione di coscienza, conclude affermando che le donne italiane hanno due alternative, le cliniche private o andare all’estero. Un lapsus frutto di una cultura che vede le cliniche private come il demonio. Una informazione sbagliata perché in Italia l’aborto si può fare solo negli ospedali pubblici e lo possono fare solo i ginecologi di questi ospedali. Questo accade solo in Italia e questo è il motivo principale per cui in Italia l’obiezione di coscienza è un problema. In Italia l’aborto è l’unica prestazione sanitaria per la quale non esiste un percorso alternativo al pubblico come invece accade per tutte le altre prestazioni, come per esempio per la fecondazione assistita della legge 40. La possibilità di ricorrere al privato per le IVG non esiste e il TG3 ha involontariamente sbagliato. In Italia il numero dei medici non obiettori, secondo la relazione del ministero, sarebbe di 1614 su 5599, il 28,8%, e non sarebbe un numero insufficiente se non ci fosse un disinteresse e un ostracismo culturale della politica e della sanità. Un disinteresse, perché non è mai una priorità sanitaria. Un ostracismo, perché, quando la politica se ne occupa, è una corsa a porre paletti e ostacoli alle donne. Eppure, prendendo spunto dalle conclusioni ingannatrici del TG3, senza auspicare l’alternativa del privato come in Europa, basterebbe unificare i servizi nei principali ospedali e allargare a base dei ginecologi non obiettori, coinvolgendo direttamente ed indirettamente i consultori nell’effettuazione degli interventi abortivi, come prevede a legge 194 dal 1978. Invece di inseguire i fantasmi illiberali e liberticidi dell’abolizione dell’obiezione di coscienza, di fatto un paravento per la cattiva coscienza di molti, basterebbe applicare in modo innovativo a 194 a vantaggio delle donne, piantandola con la paralisi piagnona e strabica verso i veti politici.