I dati dell’ISTAT recentemente pubblicati sul Dossier “Il benessere equo e sostenibile in Italia” pongono in evidenza tra l’altro che tra il 2004 e il 2011 la situazione del livello di istruzione è migliorata per quasi tutti gli indicatori considerati, ma l’Italia non è riuscita a superare il divario con il resto d’Europa, né tanto meno a ridurre le differenze territoriali. Inoltre, è aumentato il numero dei giovani che non studiano e non lavorano e si nota una certa stagnazione della formazione continua e una drastica diminuzione della partecipazione culturale. Se consideriamo i due indicatori principali per la misura del livello di formazione della popolazione, la quota di persone di 25-64 anni con almeno il diploma superiore e la quota di persone di 30-34 anni che hanno conseguito un titolo universitario, appare evidente che l’Italia si colloca ad un livello più basso rispetto alla maggior parte dei paesi dell’Unione europea (Ue).
Ma l’aspetto negativo ulteriore che emerge è relativo alla nostra regione ed è collegato alla percentuale di persone con almeno il diploma superiore (57,7%), peggior dato del nord Italia insieme al Veneto a fronte di una media del nord del 59% e soprattutto dal dato relativo alle persone che hanno conseguito un titolo universitario che sono il 20,4% in Piemonte (peggior dato del nord e del centro Italia).
Dichiarazione di Igor Boni (Presidente Associazione radicale Adelaide Aglietta):
Al Piemonte va la bandiera nera dell’istruzione e della formazione tra le regioni del nord e del centro Italia. Non certo un bel risultato. Un miglioramento del livello di istruzione e del livello di competenze che intervenga a ridurre le disuguaglianze territoriali e sociali e garantisca maggiori opportunità ai giovani provenienti da contesti svantaggiati è senza dubbio una priorità nel nostro Paese. C’è in discussione il funzionamento della scuola dal punto di vista democratico poiché i dati mettono in luce come l’istruzione italiana non riesca a compensare le diseguaglianze di opportunità dovute alla nascita. E gli indici indicano un peggioramento della situazione nel senso di un aumento di divario.Quando non si hanno risposte si rischia di finire nel rifugiarsi nella frase fatta che ‘occorre interrogarsi sul tema’. Io credo che occorra abbandonare vecchi clichè e guardare in faccia al problema che ci dice che a parole parliamo di integrazione e riduzione delle differenze alla partenza e in realtà produciamo un ampliamento delle differenze mentre in altre società (più libere e più liberali) la percentuale di chi riesce a laurearsi anche se proviene da una famiglia di operai o di immigrati è molto più elevata. Anche in questo occorre innovare, soprattutto a sinistra.