Giulio Manfredi (Direzione Radicali Italiani) e Igor Boni (presidente Associazione radicale Adelaide Aglietta):
Solo due oligarchi russi non avevano accettato le condizioni poste da Putin quando prese il potere, nel 1999: “Io mi occupo di politica, voi occupatevi di affari e non interferite”. Il primo, Boris Berezovskij, fu costretto a lasciare la Russia nel 2000 ed a chiedere asilo politico alla Gran Bretagna: il 23 marzo scorso è stato trovato morto nella sua casa nei pressi di Londra; la polizia propende per il suicidio. Il secondo, Boris Khodorkovski, fu arrestato nel 2003 con l’accusa di reati fiscali; il suo impero economico, la Yukos, fu smantellato e tutte le sue proprietà furono acquisite da Gazprom e altre società russe strettamente legate al Cremino, grazie anche a triangolazioni in cui hanno giocato un ruolo cruciale le italiane Eni ed Enel. Dopo dieci anni di galera siberiana, Khodorkovski ha ceduto ed ha chiesto ed ottenuto la grazia da zar Putin.
Nulla di nuovo sotto il sole: è la solita politica del bastone e della carota. Carota per gli attivisti di Greenpeace, per le Pussy Riot, per Khodorkovski (dopo aver loro fatto assaggiare il bastone), per l’Ucraina (sconto del 30% sul prezzo del gas ma il prezzo di partenza era molto alto), così da presentarsi con l’abito migliore ai Giochi invernali di Sochi. Solo bastone per gli attivisti gay russi (la legislazione anti-gay rimane e con l’amnistia escono di galera anche tante “teste rasate” omofobe) e per l’Occidente (rimane la spada di Damocle dei missili balistici a Kaliningrad).
Se aggiungiamo al conto anche il “dossier Siria”, Putin puo’ festeggiare un anno strepitoso. Rischierà, però, molto già a febbraio ai Giochi Invernali di Sochi, perché le sue teste di cuoio non riusciranno a controllare tutti gli atleti partecipanti e tutti i giornalisti che cercheranno di capire come mai quei Giochi siano i più costosi di tutta la storia delle Olimpiadi Invernali.
Torino, 20 dicembre 2013