Provate a chiedervi perché non vi sia nessun ginecologo obiettore per la legge 40 (fecondazione assistita) e perché la maggior parte dei ginecologi sia obiettore per la legge 194? Provate anche a chiedervi perché la maggior parte dei ginecologi obiettori non sia contro la legge 194, contro l’IVG, ma semplicemente non voglia fare aborti, un lavoro non piacevole, sebbene necessario? Il punto non è l’obiezione, ma chi ha l’obbligo istituzionale di garantire le IVG nei tempi previsti dalla legge.
Questa è la riflessione che invita a fare il radicale Silvio Viale, tra i ginecologi più impegnati per garantire l’applicazione della 194.
Silvio Viale, che è responsabile del servizio IVG dell’Ospedale Sant’Anna di Torino (3.490 aborti nel 2013) prende spunto dalla vergognosa vicenda dell’aborto di Valentina al Pertini di Roma per ammonire che “l’obiezione non sia un alibi consolatorio per proteste sterili”.
Silvio Viale ha dichiarato:
La vicenda del Pertini merita un solo commento: vergogna. Vergogna per i medici e per i responsabili della struttura. Non vi è alcuna attenuante. Non solo perché la donna è stata persino schernita durante il travaglio abortivo, ma anche perché non è stata utilizzata la RU486, che riduce le dosi della prostaglandina e accelera i tempi del travaglio abortivo. La RU486 nel secondo trimestre è una indicazione ufficiale dell’AIFA e non usarla è ignoranza. Nessuna attenuante se, come sembra, la terapia antalgica sia stata poco più che simbolica. Non è una questione di obiezione, ma una questione di malasanità. Una volta indotto il travaglio abortivo l’assistenza è obbligatoria e non prevede obiezione. In particolare non vi è alcuna attenuante per i responsabili dell’ospedale. Per quanto riguarda l’obiezione di coscienza il punto non è il diritto all’obiezione, insindacabile come “diritto umano”, ma l’obbligo morale dei responsabili della sanità di impedire che essa possa limitare le prestazioni oggetto dell’obiezione. E’ questo che è mancato negli ultimi venti anni. Serve a poco scatenare una guerra contro gli obiettori, nella stragrande maggioranza persino non contrari alla 194, ma non disponibili per varie ragioni personali e professionali a svolgere un lavoro disagevole, percepito come un di più che si può evitare – è raro vedere ginecologi obiettori militanti – mentre occorre rompere quella consuetudine che relega le IVG ai margini della sanità. Serve un piano che preveda di fare almeno 1000 IVG negli ospedali più grandi, garantendo in essi con la mobilità almeno il 50% di medici non obiettori. Il mantra che tutti gli ospedali debbano fare gli aborti, che tutti i ginecologi debbano fare aborti, senza nessuna programmazione, è la causa della dispersione e del disimpegno con cui si fanno grandi polemiche di rito, ma pochi fatti. Mi dispiace dirlo, ma stride il confronto tra il Lazio di Zingaretti e il Piemonte di Cota.
Torino, 11 marzo 2103.