Silvio Viale, che sta presiedendo a Roma il Comitato Nazionale di Radicali Italiani, interviene sulla morte per aborto di Anna Marchisio a Torino, ricordando come meno di un mese fa un’altra donna, Maria Cariello, sia morta per un aborto a Nocera Inferiore.
Il ginecologo torinese, responsabile del servizio per le IVG del più grande ospedale ostetrico italiano (7336 nati e 2490 IVG), ha diffuso la seguente nota:
In meno di un mese due donne sono morte per aborto. Per Maria Cariello, 35 anni, una figlia di 7 anni, morta il 16 marzo scorso a Nocera Inferiore dopo un aborto chirurgico, la vicenda non è andata oltre la cronaca locale. Per Anna Marchisio, 37 anni, una figlia di 5 anni, morta mercoledì scorso a Torino dopo un aborto medico, il caso è subito rimbalzato in Parlamento. Non so se il ministro abbia mai aperto un’inchiesta anche per la morte di Maria Cariello, ma non sarò certo io a temere ogni inchiesta sulle IVG e sul mifepristone, il vero nome della RU486.
Nel caso di Anna Marchisio la RU486 è innocente, perché è certamente il fattore meno sospettabile per l’arresto cardiaco che ha determinato la morte. Nel caso di Maria, se fosse stata utilizzata la RU486 – è una indicazione AIFA – si sarebbero ridotti i rischi dell’intervento chirurgico e delle complicazioni che hanno determinato la morte. Entrambi i casi rientrano in quella fredda statistica che ogni anno vede una quarantina di donne morire in gravidanza o per la gravidanza. Anna e Maria ci hanno tragicamente ricordato che si muore in gravidanza e che anche di aborto si muore, sebbene molto meno che in passato.
È una realtà cruda che si tende a negare per la gravidanza e che inevitabilmente sorprende per gli aborti, ma due donne morte per aborto in un mese sono uno shock che impone di parlare di aborti fuori dagli schemi delle polemiche rituali. Uno shock che impone di parlare di RU486 come di un farmaco che riduce i rischi degli aborti, perché riduce l’uso di farmaci più rischiosi e diminuisce i rischi durante gli interventi chirurgici. Uno shock che impone di parlare di tanti aspetti che relegano le IVG, come un fastidio, ai margini della sanità, qualcosa di cui ci si dovrebbe vergognare.
Io, che ho scelto di aiutare le donne che vogliono abortire, credo che si debbano garantire quel confronto scientifico, quell’aggiornamento e quegli standard organizzativi minimi che la politica e il sistema sanitario hanno sempre trascurato: non è accettabile che in un ospedale un solo medico in solitudine si occupi di aborto. Le morti di Anna e Maria, ma anche delle altre di cui non abbiamo saputo o non ci ricordiamo, ci impongono di uscire dal silenzio colpevole e dall’ignavia. Forse Gasparri e Roccella, dopo le pronte dichiarazioni sulla vicenda di Anna Marchisio, dovrebbero recuperare qualche parola anche per Maria Carielllo.