Giulio Manfredi (Direzione Radicali Italiani) e Igor Boni (presidente Associazione radicale Adelaide Aglietta e candidato Pd alle Elezioni Regionali del 25 maggio):
Da quando fu nominato alla guida dall’Eni da Berlusconi ben nove anni fa, Gian Paolo Scaroni ha perseguito con costanza una sempre più stretta collaborazione dell’Eni con Gazprom, cioè con Putin. Magistrale da questo punto di vista il ruolo “di sponda” giocato da Eni e Enel nello smantellamo operato nel 2007 da Putin dell’impero economico di Yukos dell’oligarca Mikhail Khodorkovsky, opportunamente fatto sparire in un gulag siberano (e liberato solamente lo scorso dicembre, dopo la “rieducazione”). Allora solo noi radicali (compreso il presidente della Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati, un certo Daniele Capezzone) denunciammo il ruolo giocato dalle nostre due aziende di Stato.
Sulle abilità diplomatiche di Scaroni, nulla da dire e tutto da eccepire; è rimasta insuperabile la sua dichiarazione del 30 agosto 2011: “Nessuno sentirà la nostalgia di Gheddafi che il giorno dopo il golpe, il 2 settembre 1969, pensò di mettersi alla guida di una pala meccanica per spianare il cimitero ebraico e disperdere le ossa in mare. Ha ridotto uno dei Paesi più ricchi del mondo in un Paese povero.” Peccato che tale accorate parole fossero arrivate solo dopo la caduta del Raiss, con il quale Scaroni aveva fatto affari per sei anni, senza alcun problema di coscienza.
Dicono che il sostituto di Scaroni, Claudio Descalzi, essendo il suo delfino seguirà le sue orme. Staremo a vedere ma di una cosa siamo sicuri: ieri il governo Renzi, consapevolmente o meno, ha preso l’unica misura reale anti-Putin adottata finora. In tale ottica, comprendiamo benissimo la rabbia e la delusione di Berlusconi, quando ha appreso della dorata defenestrazione di Scaroni.
Torino, 15 aprile 2014
L’interrogazione di Daniele Capezzone nel 2007 si può leggere qui